Il problema metodologico nella formazione del cane da caccia va posto in termini di ricerca di un metodo che metta in relazione positiva la struttura mentale del soggetto: intelligenza, carattere, capacità di apprendere ecc.; le sue predisposizioni: istinti venatori, potenzialità olfattiva ecc. e la struttura tecnica di ciò che deve essere insegnato.
Jerome Seymour Bruner, il notissimo studioso statunitense del 900 che si occupò di psicologia cognitiva nel campo della psicologia dell’educazione (ma riferita agli esseri umani!) sosteneva che è possibile insegnare tutto a tutti, a qualsiasi età, basta trovare il giusto metodo. Cercare di estendere lo stesso concetto anche al nostro migliore amico a quattro zampe è forse una forzatura eccessiva? Nel nostro piccolo certamente no!
A qualsiasi cane, che abbia sufficienti naso, istinto e cervello, possono essere insegnate tecniche, funzionali alla nostra attività venatoria, di una complessità a volte sorprendente.
Ci sono scuole di pensiero diverse sui metodi da adottare durante i processi formativi e, soprattutto, su quale debba essere lo stile dell’addestratore. Vediamoli.
Con questo metodo ogni attività viene effettuata come se si trattasse di un gioco. Se il formatore non è però in grado di padroneggiare la tecnica, sconfinando verso uno stile lassista porterà il cane a prendere il sopravvento, a sviluppare una sua personalità eccessivamente autonoma e forte, che lo renderà nella migliore delle ipotesi incostante.
E’ richiesta al formatore grande padronanza delle strutture mentali del soggetto.
Con la destrutturazione il cane perde grandi settori della propria personalità, acquisendone - con la ristrutturazione – altri totalmente diversi.
Se il formatore non è dotato di una giusta sensibilità, o se sconfina verso uno stile eccessivamente autoritario, oltre a correre il rischio di rovinare definitivamente i soggetti un po’ più deboli caratterialmente, può arrivare a soffocare nel cane ogni autonomia; il soggetto diviene totalmente dipendente ed acquisisce comportamenti e procedure troppo meccaniche al servizio esclusivo dell’uomo-padrone.
Gli effetti della destrutturazione sono molto evidenti soprattutto nei soggetti trattati con il collare d’addestramento ad impulso elettrico..
Si basa sulla convinzione che il cane debba conservare la propria personalità, il proprio carattere, il proprio istinto, apprendendo nello stesso tempo comportamenti ed atteggiamenti funzionali all’attività venatoria e ad una “civile” convivenza con l’essere umano.
Il cane diviene una utile espansione di quei sensi che nel conduttore sono più limitati; intraprendendo con lui un sofisticato e consapevole interscambio di relazioni positive e funzionali.
Se il formatore possiede la tecnica, ed il suo atteggiamento è sempre autorevole e giustamente calibrato sulla personalità del cane, il soggetto diventerà immancabilmente un cane educato, serio, che saprà stare al suo posto, ma sempre pronto quando si avrà bisogno di lui.