Videoenciclopedia della caccia al cinghiale
Videoenciclopedia della caccia al cinghiale

Il recupero dei capi feriti

Il recupero dei cinghiali feriti, come già detto,  dovrebbe avere sempre la priorità su ogni altra azione; mai nessun selvatico  andrebbe lasciato morto o ferito sul terreno di caccia. Purtroppo ciò avviene sovente, ed è più frequente nelle tecniche a grande impatto, dove il capo ferito in modo letale, se riesce a sfuggire alla morsa dei cani, va di solito  a morire lontano e dopo una lunga agonia.  

Inoltre, il problema è aggravato dal fatto che non sono rari i cani che interrompono la seguita nel punto esatto in cui il cinghiale ha ricevuto il colpo (questo può avvenire  anche se il tiro non è andato a segno), senza riuscire più  a riagganciare la calda e quindi senza riuscire ad arrivare sull’animale morto lontano  da dove gli si è sparato.

Diverse sono le teorie che cercano di dare una spiegazione a quest’ultima evenienza, tutte più o meno plausibili, ma nessuna sino ad ora dimostrata inconfutabilmente. Le seguenti sono quelle più accreditate:

  • il selvatico a causa dello spavento riesce in qualche modo a inibire le  ghiandole odorifere, determinando una cessazione dell’emanazione;
  • l’odore della polvere da sparo bruciata infastidisce  irrimediabilmente  l’olfattazione dei cani;
  • i cani, soprattutto i più selettivi, percepiscono nell’animale colpito o spaventato un animale diverso  da quello che inseguivano e quindi, restando confusi da questa improvvisa “mutazione”, desistono immediatamente.

 

Diverse sono anche le tecniche che il canettiere può adottare per riannodare il filo della calda nel caso in cui i cani cadano in fallo sul punto di tiro:

  • all’atto di bilanciare la muta, si inserisce in equipaggio un soggetto che abbia dimostrato di non avere questo problema (non tutti i cani ce l’hanno) e che portandosi immediatamente in testa sappia risolvere velocemente  il fallo, trascinando il resto della muta;
  • si circoscrive con pazienza il punto di tiro con cerchi sempre più ampi,  fino a quando i cani  non riescono a riannodare la calda;
  • si lega la muta, si aspetta un po’ di tempo e poi si cerca di far riagganciare la calda (il successo  con questo metodo è più raro);
  • mentre un collaboratore segue a distanza con il resto della muta al guinzaglio, il conduttore, con un solo cane - in genere il più meticoloso -  cercherà passo-passo il punto in cui è possibile riannodare la calda. Lì si scioglieranno anche gli altri cani, incitandoli a riprendere con decisione l’inseguimento.

 

Ma qualsiasi sia la soluzione adottata, se i cani ordinari non ce la fanno a portarsi addosso al capo ferito, si deve assolutamente ricorrere allo specialista.

Tracciare, dopo la spinta della seguita, con un cane specialista un cinghiale colpito non mortalmente è difficile, ma non impossibile, e se la coppia cane da traccia-conduttore è brava, di solito il capo viene recuperato.

Nella girata, nel treppiede e nella cavalletta, così come nella caccia a singolo, tecniche nelle quali è più frequente l’utilizzo di razze specifiche per il lavoro su traccia, il recupero in genere è meno complicato, in quanto l’impatto della seguita sul selvatico è più limitato. In queste ultime tecniche,  come abbiamo già detto, la tracciatura dell’animale ferito dovrebbe essere effettuata dallo stesso conduttore con lo stesso ausiliare utilizzato per le altre fasi.  E’ bene che la coppia conduttore-cane sviluppi  una adeguata capacità di svolgere nel migliore dei modi anche questa delicata funzione. In caso contrario anche qui si deve ricorrere al cane specifico.

 

Autori:

  • Franco Serpentini

Collaborano:

Ghermire una vita, a qualsiasi specie animale appartenga, è sempre un atto di responsabilità estrema e, o lo si compie con bestiale inconsapevolezza, cosa che non ci rende uomini, o ci si interroga ed allora bisogna darsi risposte profonde.
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