Il cinghiale è un animale tendenzialmente pesante, che lascia delle buone impronte sul terreno. I suoi taglienti zoccoli ed i suoi unghielli acuminati riescono a scalfire anche un terreno particolarmente ostico ed un occhio allenato riesce a percepirne i minimi segni: una scalfittura, lo schiacciamento di una piantina, una strisciata sull’erba, un segno di zanna su un tronco, tutto contribuisce a tradirne la presenza o il transito.
Dalla tipologia delle orme e dal tipo di groviglio si riesce a stabilire finanche di che tipo di animale si tratti (adulto o sub-adulto, maschio, femmina ecc.). Difatti anche il percorso e le modalità di pastura e di movimento tendono a differenziarsi. Anche il modo in cui rompe la lestra ed il tipo di allogazione in essa sono significativi, così come sono significative le traiettorie che segue e le strategie che adotta una volta che è stato messo in movimento.
Ma occorre avere molto senso del selvatico e molti anni di esperienza per riuscire ad interpretare bene ed in modo inconfutabile una traccia. Il vero cacciatore è un “esegeta della natura”. Egli non ama uccidere il selvatico, ma capirlo, interpretarlo, intuirlo per anticiparlo e, solo infine, prelevarlo. Solo in questo modo la matrice culturale dell’attività venatoria, intesa come raffinata pratica di una vera forma d’arte: l’Ars Venandi appunto, trova la sua più elegante espressione.