Ci sono diverse tipologie di aggressione da cinghiale. Tutte in genere molto pericolose. Vediamole.
Quando il cinghiale carica dritto, in genere lo fa per colpire. Se ci addentriamo nel folto dove lui si è arroccato, c’è da aspettarselo. Procedere con il fucile basso è inutile e confidare nel tiro salvifico che arresti la sua corsa di sfondamento è da incoscienti.
Se il cinghiale ci ha puntato davvero, è difficile che scarti all’ultimo momento. In ogni caso, se non ci inforca tra le gambe (ed è la situazione più pericolosa) dà il colpo di lato, dal basso in alto, mentre passa, con cattiveria, e taglia, con conseguente grande perdita di sangue. Se si è da soli è un problema.
Se viene recisa la femorale c’è poco da fare. Cercare di fermare l’emorragia, senza nessuno pronto a soccorrerci, tra panico e scarsità di risorse è spesso impossibile. Se il taglio è superficiale, occorre cercare di arrestare l’eventuale flusso emorragico legando ed immobilizzando l’arto colpito. Per eseguire il legaccio va bene un cordino resistente, ma anche una striscia di stoffa. Il laccio si pone a monte della ferita e si serra avvitandolo con un pezzo di legno che girando stringe. Il legaccio va allentato ogni cinque minuti circa, per consentire al sangue arterioso di tornare ad irrorare le parti periferiche dell’arto. Appena colpiti, è importante tamponare nel miglior modo possibile, restando immobili e sollecitando l’aiuto dei compagni. Ma se si è soli, posizionato il laccio emostatico, dopo aver allertato in qualche modo i soccorsi, bisogna muoversi con calma, ad andatura regolare, cercando di non agitarsi per tenere basso il ritmo cardiaco.
Il cinghiale è un animale pericoloso. Non va mai dimenticato che può uccidere. Nella foto uno sfortunato incidente. Il canettiere è scivolato vicino ad un solengo in agonia, dopo il tiro a fermo. Con l’ultimo balzo vitale l’animale lo ha pugnalato sopra il ginocchio destro. Il colpo etico alla testa va sempre dato da distanza di sicurezza, salvaguardando le difese. In questo caso i pantaloni lacerati verranno conservati come promemoria.
La fortuna nella sfortuna: la lunga zanna ha reciso un tendine, ma si è fermata ad un centimetro dall’arteria poplitea. Nel bosco fermare l’emorragia sarebbe stato un vero problema.
Al pronto soccorso per il controllo della ferita e la medicazione di routine. Trentadue punti, tra interni ed esterni … e un mese di riabilitazione.
Il maschio carica a testa bassa, per travolgere e pugnalare. La femmina a bocca aperta per mordere, ma anche lei può avere canini sviluppati e taglienti. Ambedue però percuotono pesantemente.
Se il colpo ci fa cadere e l’animale continua ad infierire i colpi si susseguono. L’animale torna sui suoi passi e reitera l’assalto. Senofonte, nel “Cinegetico”, descrive come modalità di difesa in casi del genere il porsi a pancia in sotto, tenendosi ben aderenti al terreno, magari aggrappandosi fortemente a dei ciuffi d’erba sotto la pancia, per impedire che il grifo ribalti il malcapitato facendo più danni. Forse anticamente, poiché nei giovani guerrieri veniva sviluppato il coraggio da sfoggiare in combattimento anche attraverso la caccia al cinghiale, ciò risultava pensabile. Sfido chiunque oggi a conservare la freddezza necessaria.
La percussione di grifo può lesionare i fasci muscolari o andare a ledere organi interni se siamo a terra (fegato, rottura delle costole con complicanze ecc.). Nel primo caso l’ematoma è pesante e non va trascurato, nel secondo caso si hanno problemi ancora più seri ed è necessario intervenire con urgenza.
Ancor più pericolosa risulta la percussione se siamo sovrappeso o se si verifica un effetto schiacciamento contro la vegetazione o contro un altro ingombro (alberi, terreno ecc).
Diciamolo ancora una volta: la miglior difesa è sempre la prudenza!